sabato 24 novembre 2012

Stress, ansia, depressione… balla che ti passa

I sintomi correlati a depressione, ansia, stress, stanchezza sia fisica che mentale – e perfino mal di testa – pare possano essere leniti per mezzo un’attività semplice, divertente e salutare: il ballo.
Chi dunque pratica con una certa regolarità questo tipo di attività fisica pare riesca a controllare meglio i disturbi psicofisici, beneficiando inoltre di una maggiore autostima e una maggiore capacità di affrontare i problemi di tutti i giorni.
Questo è ciò che suggerisce un nuovo studio svedese che ha osservato gli effetti della danza su un gruppo di giovani donne.
Il team coordinato da Anna Duberg, una fisioterapista presso l’Örebro University Hospital ha coinvolto 122 ragazze svedesi di età compresa tra i 13 e i 19 anni. Tutte ragazze che in diverse occasioni si erano recate presso l’infermeria della scuola denunciando sintomi di ansia, depressione, stanchezza psico-fisica, mal di testa, mal di schiena e rigidità a collo e spalle. 

Le partecipanti allo studio sono state suddivise a caso in due gruppi, di cui il primo composto da 59 ragazze, e il secondo da 53.
Le appartenenti al gruppo “59” sono state avviate a un programma di ballo che prevedeva il danzare in gruppo e con regolarità per due giorni a settimana. Le appartenenti al gruppo “53”, che fungevano da controllo, non hanno modificato le loro abitudini di vita.
I risultati sono stati sorprendenti ed evidenti. Non solo si sono mostrati quasi subito durante il periodo di follow-up, ma si sono protratti da quattro a otto mesi dopo la fine dell’attività di ballo a seguito dello studio. Nel gruppo di controllo, per contro, non si sono mostrati cambiamenti significativi.
Infine, le partecipanti intervistate dopo la conclusione della ricerca hanno dichiarato nel 91 per cento dei casi che il ballo era stato un’esperienza positiva, e che sicuramente l’avrebbero ripreso in considerazione.
Insomma, è proprio il caso di dire “balla” che ti passa. 
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Gli esperti: “Non prendete antibiotici quando avete l’influenza o il raffreddore”..........Medici e farmacisti lanciano l’allarme antibiotici che molte persone assumono con facilità durante un’infezione virale come l’influenza o il raffreddore: non servono e, anzi, possono causare effetti collaterali gravi e indurre una pericolosa resistenza

A seguito del malcostume di formulare pericolose autodiagnosi e assumere antibiotici anche quando non servono o, peggio, non dovrebbero proprio essere utilizzati, i medici e farmacisti irlandesi invitano tutti gli europei a evitare l’uso indiscriminato di questi potenti farmaci. Chi assume antibiotici per curare le malattie da raffreddamento o delle vie aeree virali come l’influenza, il raffreddore, il mal di gola o la tosse stanno mettendo a serio rischio il proprio stato di salute – soprattutto negli anni a venire – dichiarano gli esperti dell’IPU (Irish Pharmacy Union).

Il male comune è spesso la disinformazione. Sono infatti ancora in molti a credere che il farmaco antibiotico possa essere utile in caso di infezione virale. Ma, come invece si dovrebbe sapere, gli antibiotici sono attivi solo contro i batteri e non i virus: per cui a fronte di un’influenza, raffreddore o simili, non servono a nulla. Anzi, come detto prima, possono essere assai pericolosi.
Secondo un recente sondaggio, infatti, è emerso che una persona su quattro ritiene che gli antibiotici potrebbero prevenire lo svilupparsi di malattie più gravi a seguito di un raffreddore o essere d’aiuto per accelerare il recupero.

«Molta gente non sa quando è il caso di prendere gli antibiotici e quando non lo è – spiega il Presidente della IPU, dottor Rory O’Donnell, nel relativo comunicato – Gli antibiotici sono una medicina preziosa progettati solo per essere utilizzati per le infezioni causate da batteri. Purtroppo, gli antibiotici sono l’unica medicina il cui uso diffuso diminuisce la loro efficacia. E se assunti per il motivo sbagliato o se presi in modo non corretto, questo permette ai batteri di sviluppare resistenza agli antibiotici».
Il rischio derivante da un abuso degli antibiotici è, secondo gli esperti, quello di creare una situazione sanitaria da resistenza in cui si potrebbero manifestare i problemi infettivi dell’era pre-antibiotica, dove era difficile curare le infezioni batteriche e, per le quali, morivano molte persone.
Attenzione quindi a non assumere antibiotici quando non necessario ma, se in dubbio, rivolgersi sempre prima al proprio medico. 
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Ecco perché alcune coppie sono sterili

Si chiama proprio “infertilità inspiegata” o idiopatica, ed è una condizione di impossibilità a concepire che, fino a oggi, non trovava spiegazione: la coppia non riesce a procreare e i medici non sanno spiegare il perché. E tutto questo nonostante i possibili esami cui si sottopongono sia l’uomo che la donna.
Ora, tuttavia, i ricercatori irlandesi della Queen University di Belfast pare abbiano trovato una soluzione.

La professoressa Sheena Lewis e colleghi della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Scienze Biomediche alla Queen, hanno condotto uno studio coinvolgendo 239 coppie con diagnosi di infertilità inspiegata, individuando che nell’80% dei casi il problema era un serio danno al DNA degli spermatozoi.
«La maggior parte dei coppie con problemi di fertilità sono in grado di ricevere una spiegazione per questa loro sterilità – spiega nella nota Queen la professoressa Lewis – Queste cause vanno da un basso numero di spermatozoi, alla scarsa motilità degli spermatozoi nell’uomo, o all’ostruzione delle tube di Falloppio o endometriosi nella donna. Una volta che le cause di infertilità sono state stabilite l’azione più opportuna del trattamento di fecondazione assistita può essere intrapresa».

Il problema tuttavia sorge proprio quando, in mancanza di evidenze o possibili cause, la coppia non riesce comunque a concepire – da qui, appunto, la diagnosi di infertilità idiopatica.
«Per quasi un terzo delle coppie, fino a ora, non c’è stata alcuna causa evidente per l’infertilità: queste coppie hanno ricevuto diagnosi di “infertilità inspiegabile” – prosegue Lewis – Nel nostro studio abbiamo ora raggiunto una svolta, il che spiega la causa di infertilità per molte di quelle coppie. Ora che abbiamo trovato la causa di infertilità per queste coppie, trattamenti adatti e su misura possono essere studiati; e le coppie possono essere indirizzate direttamente al miglior trattamento per aumentare le loro possibilità di avere un bambino».

I risultati completi dello studio sono stati pubblicati su Reproductive Biomedicine Online e riportano la dimostrazione che anche le probabilità di avere un bambino dopo un trattamento di inseminazione artificiale, come l’IVF, sono strettamente correlate alla quantità di danno al DNA dello sperma. Un danno lieve a meno del 15% degli spermatozoi è tuttavia normale, come si può notare nello sperma degli uomini fertili. Il problema sorge quando il danno al DNA è più grande ed esteso oltre il 25% degli spermatozoi: in questo caso si riducono di molto le possibilità della coppia di concepire – anche a seguito di alcune forme di trattamento per la fertilità.
«Con un milione di coppie in tutto il mondo che richiedono un trattamento per la fertilità, questi nuovi risultati della ricerca offriranno nuove speranze di formare una famiglia», conclude Lewis.
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