mercoledì 4 giugno 2014

Troppo messaggiare può far diventare ciechi

L’avete notato? Sempre più giovani, e anche adulti, passano gran parte del tempo a messaggiare, ossia a scambiarsi messaggi di testo, foto, video con altre persone. Tutti chini, gli occhi fissati sul display del telefonino o smartphone.
D’accordo, qualcuno sente l’esigenza più di altri di essere connesso con tutto e tutti. Altri hanno tante cose da raccontare, da dirsi, e che non possono attendere… Insomma, chi più chi meno, sono in molti a digitare di continuo sullo schermo del proprio tecno-aggeggio.

E, fin qui, niente di male. Ma se la cosa si protrae per molto tempo, allora le cose si possono complicare: si possono rischiare gli occhi e la vista. Ed è proprio quanto accaduto a un giovane cinese che ha passato molte ore durante la sera a messaggiare con la sua ragazza.
Il giovane ventiseienne stava utilizzando l’App chiamata “WeChat”, che un po’ come l’altrettanto famosa “WhatsApp”, permette di chattare per mezzo di una connessione dati. A un certo punto ha iniziato a non vederci più bene: il ricorso al medico non ha lasciato dubbi, aveva avuto un distacco della retina.

Un problema alla retina, come il distacco, può avvenire naturalmente anche nelle persone con miopia avanzata e negli anziani. Ma, come abbiamo visto, anche un eccessivo stress oculare potrebbe causarne il distacco. Tra i sintomi che possono mettere in allarme vi sono l’apparire di fasci luminosi improvvisi – che sono chiamati “fotopsie”. Possono comparire anche come dei corpuscoli mobili scuri, simili a punti neri che si vedono con la coda dell’occhio o anche in più direzioni. Quello che proprio non si sente è dolore, per cui non aspettiamoci questo tipo di avvertimento.
Se il distacco è già in fase avanzata, possiamo notare un repentino abbassamento della vista. La persona che è stata vittima di un distacco della retina potrebbe anche avvertire un oscurarsi di una porzione dell’occhio, come se le fosse calata davanti agli occhi una specie tenda.

Il ragazzo che ha sperimentato questo problema è stato poi sottoposto a intervento chirurgico per scongiurare il rischio di diventare cieco. E, forse, dopo questo episodio è probabile che ridimensionerà l’uso dello smartphone. Questo sarà certo un bene non solo per la retina, ma anche per altri problemi che possono occorrere alla vista come, per esempio, la sindrome dell’occhio secco – quella che fa sembrare di avere della sabbia nell’occhio e che provoca un grande fastidio – oppure la visione offuscata. Ma possono comparire anche mal di testa, pesantezza del capo, nausea e perfino capogiri. In definitiva, messaggiare va bene ma, come per tutto, ci vuole un po’ di equilibrio.http://www.lastampa.it/2014/06/05/scienza/benessere/lifestyle/troppo-messaggiare-pu-far-diventare-ciechi-FqIaGhPMEl07xTO1lt9UaL/pagina.html

La luce in camera da letto fa ingrassare Dormire in una stanza con troppa luce è stato collegato a un aumentato rischio di mettere su peso o comunque ingrassare. Secondo gli esperti, per evitare tutto questo è meglio spegnere tutte le luci e filtrare quelle esterne con delle tende spesse

Non solo uno stile di vita e una dieta scorretti possono farci ingrassare, ma ora pare ci si mettano anche le luci.
Se dunque non sapete spiegarvi il perché avete messo su qualche chilo, o vi ritrovate con una prominente pancetta o un girovita non proprio da vespa – nonostante vi siate messi a dieta o stiate seguendo uno stile di vita consono – ecco forse spiegato il motivo. Secondo un largo studio pubblicato sull’American Journal of Epidemiology, infatti, dormire in una stanza con troppa luce farebbe ingrassare.

Ad aver scoperto che le luci influiscono negativamente sul peso corporeo sono stati i ricercatori dell’Istituto di Ricerca sul Cancro di Londra che hanno condotto uno studio su ben 113mila donne, scoprendo che troppa luce in camera da letto, o nella stanza in cui si dorme, può far ingrassare. Per questo motivo, i ricercatori consigliano di tenere le luci spente e filtrare con delle tende pesanti quelle che possono arrivare dall’esterno.

Alle partecipanti allo studio è stato chiesto di valutare la quantità di luce presente di notte nelle loro camere da letto. La quantità o l’intensità di luce poteva essere diversa caso per caso. Per esempio, poteva essere sufficiente per leggere, ma non per vedere il resto della stanza o, viceversa, abbastanza per vedere l’interno della stanza e così via. Gli scienziati hanno anche valutato l’eventuale uso di una mascherina notturna.
Le risposte fornite sono poi state confrontate con diverse misure relative agli indici di obesità. Tra questi, anche l’indice di massa corporea (BMI), il rapporto vita-fianchi e il girovita. I risultati hanno mostrato che questi valori erano tutti più elevati nelle donne che dormivano in stanze più illuminate.

«In questo grande gruppo di persone si mostra un’associazione tra l’esposizione segnalata alla luce durante la notte e il sovrappeso e l’obesità – ha spiegato alla BBC il prof. Anthony Swerdlow, dell’Institute of Cancer Research – Ma non ci sono prove sufficienti per sapere se rendere più buia la stanza farebbe una differenza per il proprio peso. Ci potrebbero essere altre spiegazioni per l’associazione, ma i risultati sono abbastanza intriganti per giustificare ulteriori indagini scientifiche».

Tra le varie ipotesi la più accreditata è quella che accusa la luce artificiale di alterare le funzioni dell’orologio biologico e i ritmi circadiani. Queste condizioni hanno anche un effetto negativo sulla produzione di melatonina durante il sonno.
Secondo gli esperti, le persone spesso non sono consapevoli della luce presente nella propria camera da letto, magari semplicemente perché non ci hanno mai fatto caso. A parte le lampadine accese o i lampioni esterni, ci sono fonti di luce poco sospette come per esempio le spie dello stand-by di alcuni apparecchi elettronici, o ancora il display di sveglie elettroniche.
Meglio dunque prestare attenzione alla quantità di luce che ci ritroviamo nella stanza da letto.

http://www.lastampa.it/2014/06/03/scienza/benessere/la-luce-in-camera-da-letto-fa-ingrassare-3PeYTEfJMPaY4y4RYy6RKK/pagina.html

martedì 11 marzo 2014

Consigli per capelli sempre in ordine

DANIELA GIAMBRONE

Nessuna di noi può fare a meno di un acconciatore di fiducia che curi il look capelli al meglio quando abbiamo occasioni particolari o quando dobbiamo fare scelte rilevanti come colore e taglio. Non tutte però possono concedersi una seduta a settimana in salone, tocca pertanto fare di necessità virtù e imparare qualche trucco per mantenere i nostri capelli in ordine anche a casa.

La scelta del phonCi sono due elementi importanti da valutare quando si acquista un asciugacapelli. Uno è la potenza in Watt, che indica quanta energia elettrica è utilizzata, un valore che oggi è meglio preferire basso. L'altro è il peso: solitamente si asciugano i capelli partendo dal basso, per cui una volta arrivati agli strati superiori si hanno già le braccia stanche. Per questo è meglio sceglierlo leggero. Importante anche il flusso a ioni, che favorisce il corpo del capello. L'ideale è un modello con interruttore che consente di modulare il flusso di ioni, per ottenere effetti diversi sulla texture. Il consiglio pro per una piega a regola d'arte è asciugare i capelli per il 90% con il flusso d'aria e, quando i capelli sono quasi asciutti, spazzolarli con una spazzola rotonda.
La scelta della piastra
Non è un'attrezzatura su cui è consigliabile risparmiare. Se la piastra non è di buona qualità rischia di asciugare e lisciare i capelli in modo disomogeneo, con la conseguenza di doverla passare più volte sullo stesso punto, rovinando i capelli. Meglio un modello più costoso e capace di scaldare uniformemente le lamelle, per avere capelli lisci in una sola passata. Inoltre, obbligatorio applicare un prodotto protettivo prima della stiratura per evitare che il capello si bruci.

I ricci perfetti
Regola numero 1: meno si pasticciano i capelli meglio è. L'unico strumento veramente efficace per i ricci è il ferro. Chi ha i capelli fini e sottili dovrà sceglierlo di un diametro piccolo, su cui attorcigliare i capelli con anelli stretti e fitti. Chi ha i capelli già mossi dovrà metterlo con la punta più stretta verso le radici, per esaltare il movimento naturale delle ciocche.

Chignon facile
Il plus per avere uno chignon fatto a regola d'arte anche a casa sono le forcine. Per un risultato professionale, le più indicate sono quelle francesi ma, se non si è pratiche, si possono utilizzare le forcine a U, per impedire ai capelli e alle ciocche di sfuggire e cadere durante la giornata. Per un effetto più scomposto, le mollette tengono in sicurezza le ciocche ma con un mood più casual. Importante il finish con uno spray a tenuta morbida. Per chi usa le forcine francesi, un consiglio pro: prima di inserirla, legare un lato della forcina con una ciocca per creare un uncino che le impedisca di scivolare via.
(a cura di ESTETICA)  

Marijuana, un possibile rimedio contro l’ansia I cannabinoidi contenuti nella Marijuana sembrano essere particolarmente attivi nella regolazione dell’ansia

L’ansia sarà forse un giorno ribattezzata come il male del Ventunesimo secolo. Conduciamo una vita per niente a misura d’uomo, le nostre azioni sono una corsa a ostacoli perché ci manca il tempo per pensare a chi siamo e cosa desideriamo realmente. Tutto ciò non fa altro che aumentare il grado di stress con conseguenti stati d’ansia più o meno marcati.

Eppure un rimedio che sia realmente in grado di contrastarla ancora non esiste. Gli psicofarmaci, infatti sono per lo più sedativi dell’intero sistema nervoso, per cui, di norma, sopprimo solo il disturbo anziché guarirlo davvero.
Una nuova speranza, tuttavia, ci arriva da un gruppo di ricercatori internazionali – tra cui gli scienziati della Hokkaido University di Sapporo (Giappone), l’Accademia Ungherese delle Scienze di Budapest e l’Indiana University di Bloomington – guidati da alcuni professori della Vanderbilt University. Secondo i loro studi, i nostri recettori dei cannabinoidi – i principali principi attivi della Marijuana – esercitano un importante ruolo a livello cerebrale coinvolto nella regolazione dell’ansia e la risposta allo stress (flight-or-fight response).
Per la prima volta uno studio è stato in grado di mettere in evidenza i recettori dei cannabinoidi nel nucleo centrale dell’amigdala (in uno studio condotto su animali).

La ricerca, riportata sulla rivista Neuron e guidata da Sachin Patel – professore di Psichiatria e di Fisiologia Molecolare e Biofisica – potrebbe in qualche modo spiegare il motivo per cui i consumatori di Marijuana, affermano molto spesso di assumerla soprattutto per ridurre i loro stati d’ansia.
I dati, ottenuti anche grazie alla collaborazione di Teniel Ramikie, uno studente laureato nel laboratorio di Patel, hanno anche potuto dimostrare come le cellule nervose prodotte da questa zona del cervello siano in grado di rilasciare naturalmente degli “endocannabinoidi”.
Secondo Petel, «Lo studio potrebbe essere molto importante per capire come la cannabis esercita i suoi effetti comportamentali».

In alcuni Paesi la Marijuana è già stata legalizzata. In Italia, per ora non si sa nulla, ma quello che è certo è che se accadrà le persone che potranno avere a disposizione l’eventuale farmaco saranno sempre maggiori.
Secondo i ricercatori, che si sono basati anche su studi precedenti, il sistema endocannabinoide è un regolatore naturale dell’ansia e dello stress che coinvolge il neurotrasmettitore glutammato.
Lo stress, sia di tipo acuto o cronico o un grave trauma emotivo, possono causare la riduzione della produzione di tali endocannabinoidi e la reattività dei sensori che comunicano con il neurotrasmettitore. Il risultato è che senza questo effetto “buffering”, l’ansia aumenta notevolmente. Se da un lato i cannabinoidi esogeni provenienti dalla Marijuana riducono l’ansia, è anche vero che dall’altra parte l’uso continuativo di questa sostanza potrebbe aumentarla e innescare un circolo vizioso, di potenziamento del dosaggio fino a creare una vera e propria dipendenza.

Per arrivare a tali ipotesi, durante la ricerca sono state adoperate apparecchiature di microscopia elettronica che hanno permesso di visualizzare sia le singole sinapsi che gli spazi esistenti fra una cellula nervosa e l’altra.
«Sappiamo dove sono i recettori, sappiamo qual è la loro funzione, sappiamo come questi neuroni rendono i propri cannabinoidi. […] Tutto ciò potrebbe cambiare radicalmente la nostra comprensione della comunicazione cellulare nell’amigdala», concludono gli autori.